Ma i grassi vanno mangiati o no?
La risposta giusta è: Sì, perché sono indispensabili all’organismo umano.
Un aiuto determinante per la risposta a questa domanda viene soprattutto dagli studi condotti dai ricercatori canadesi dello studio PURE (Prospective Urban Rural Epidemiology), che all’ultimo Congresso Europeo di Cardiologia a Barcellona hanno presentato un’analisi che evidenzia un aspetto molto interessante delle loro indagini.
Dal loro studio appare evidente che una dieta ricca di glucidi (carboidrati) è associata ad un maggior rischio di mortalità, al contrario dei grassi, sia saturi che polinsaturi, ai quali sarebbe associato un rischio di mortalità nettamente più basso.
Praticamente quello che sostiene la ricercatrice del Population Health Research Institute della McMaster University, Mahashid Dehghan, coautrice dell’analisi, è:
” Limitare l’assunzione di grassi non migliora la salute delle persone, che invece potrebbero trarre benefici se venisse ridotto l’apporto dei carboidrati al di sotto del 60% dell’energia totale, e aumentando l’assunzione di grassi totali fino al 35%”.
Per meglio comprendere quanto importanti e approfonditi siano questi studi basta chiarire che il PURE è uno studio osservazionale svolto sotto la guida dell’Università di Hamilton in Ontario, con l’obiettivo primario di osservare l’impatto, quindi gli eventuali cambiamenti e l’influenza, che l’urbanizzazione ha sulla prevenzione (alimentazione, attività fisica, …), sui fattori di rischio (ipertensione, obesità, …) e sull’insorgenza di malattie cardiovascolari.
Gli studi sono stati condotti per oltre 12 anni su 154.000 persone selezionate in 18 paesi diversi nei 5 continenti, quindi sono da considerarsi tra i più completi ed affidabili tra quelli eseguiti.
Oltre ad altre indicazioni, i risultati finali hanno svelato che ogni tipo di grassi era associato ad una specifica diminuzione del rischio di mortalità, e precisamente:
- Meno 14% per i grassi saturi
- Meno 19% per i grassi monoinsaturi
- Meno 29% per i polinsaturi.
Inoltre si è osservato che gli individui nella classe di consumo di alte quantità di carboidrati avevano un rischio aumentato di mortalità del 28% rispetto a quelli che consumavano meno zuccheri.
Come conclusione dello studio assumiamo ciò che la ricercatrice Mahashid Dehghan ha riassunto, e cioè che possiamo aumentare il consumo di grassi fino ad arrivare al 35% delle energie assunte giornalmente, e magari ridurre di pari passo il consumo dei carboidrati e scendere al di sotto del 60% di fabbisogno giornaliero finora presunto.
Come vedete, nessuna criminalizzazione di un alimento o dell’altro, ma la raccomandazione di bilanciare i vari alimenti.
Voi sapete che io sono dell’idea che per vivere bene, in benessere e sfruttando al massimo l’energia che il nostro corpo può sviluppare, bisogna nutrirsi di tutto quello che la natura ci mette a disposizione. Quindi evitare di eliminare completamente alcuni alimenti o utilizzarne solo alcuni per la propria alimentazione sana, fatta eccezione di ciò che fa veramente male al nostro organismo e quello che è velenoso per l’organismo in genere.
In pratica basta introdurre le quantità utili, necessarie e potenzianti per ognuno di noi. E non dimentichiamo che innumerevoli studi scientifici hanno dimostrato che un eccessivo consumo di un solo alimento o un’alimentazione basata sull’uso di pochi alimenti, e quindi l’abolizione di alcuni cibi, comporta quasi sempre squilibri nutrizionali che portano alla malnutrizione per difetto o per eccesso.
Ora abbiamo anche una guida più aggiornata affinché ognuno di noi possa indirizzarsi alle scelte più salutari.
A questo punto passiamo ai grassi e vediamo di capire meglio quanti ce ne sono e quali preferire nella nostra alimentazione.
Cominciamo col chiarirci le idee. I grassi si dividono in saturi, monoinsaturi e polinsaturi. Esaminiamo le differenze.
I grassi saturi costituiscono la maggioranza dei grassi animali, ad eccezione di quelli del pesce e di alcuni grassi vegetali come l’olio di cocco.
I grassi monoinsaturi sono rappresentati soprattutto dall’olio d’oliva, dalle mandorle, dalle arachidi (raccomando non salate), dagli anacardi, dalle noci pecan, dall’avocado, dai pistacchi e dai relativi oli. Faccio notare che questi alimenti hanno un buon contenuto di acido oleico e che per esempio il latte materno è costituito anche di acido oleico.
I grassi polinsaturi più presenti nella nostra alimentazione sono quelli identificati come omega 6 (acido linoleico) e l’omega 3 (acido linolenico). Quest’ultimo è il più conosciuto e si trova in maggior parte nel pesce, mentre l’omega 6 è contenuto e quindi estratto come olio dalla soia, dal mais, dal girasole dalla colza e altri semi. Sono oli molto reattivi, non andrebbero mai usati caldi e bisognerebbe proteggerli dalla luce e dall’aria.
Anche i grassi polinsaturi sono importanti per la nostra dieta tanto che sono presenti per circa il 10% nel nostro latte materno.
Possiamo concludere con le raccomandazioni di Alberto Zambon, associato di Medicina all’Università di Padova, che sostiene che l’importante è fare attenzione alla qualità dei grassi. Consiglia di privilegiare i grassi monoinsaturi, come ad esempio l’olio d’oliva, ed alcuni polinsaturi, come gli omega 3 del pesce o della frutta secca. Alla fine, anche se con sfumature diverse e con piccole correzioni delle quantità da ingerire giornalmente, la scienza è orientata sulla preferenza della scelta di un’alimentazione variata e basata molto sulla nostra dieta Mediterranea.
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